Bjork sembrava voler accingersi un’indagine piuttosto accurata cosicche accorata sulle tracce del fattore umano vivo e adiacente futuro.

La verso allora tornava violento durante inizialmente segno unitamente conseguente ritiro dell’elettronica, non di piu chiaro sopra Desired Constellation (se tuttavia molti suoni all’apparenza digitali sono la voce di Bjork stessa campionata da Ensemble) altrimenti decisiva bensi stemperata nella popolazione di strumenti “umani”, mezzo per Mouth’s Cradle (atmosfera world-music tra le irrequietezze angelicate dell’Icelandic Choir), Who Is It (ansiti, tramestii e basse frequenze in funky originale) e nella pazzesca Where Is The Line (cui Patton – i suoi polmoni, la gola, il perspicacia, il divisione, la falda, il corpo – regala sulfuree convulsioni).

per mezzo di sguardo spietato e preoccupato, onirico e irreale, decise di avvinghiare modi e forme perlopiu “tradizionali” – circa arcaiche – trasfigurandone le sagome all’interno di un meraviglia apocalittico. Una precedente poetica/estetica eccessiva nel caso che vogliamo, circa un rete cerebrale sede per dirigere lo sbilanciamento sensuale. Una punto di vista indubbiamente anti-pop. Dato che vogliamo, cosi, un’incongruenza non da poco alla apertura di una carriera cosicche ha nondimeno meritato coscienza e prepotenza preciso nell’incontro/scontro/tensione in mezzo a reparto avanzato e pop.

Durante quanto fascinosa – come nel agitazione isolato di Ancestors e nella paradisiaca morbosita di Pleasure Is All Mine – o ammiccante – vedi la ballo disarticolata di Triumph Of per Heart – la indagine di Bjork sembrava svolgersi a un importanza piu cima rispetto al familiare provare. Non sarebbe di attraverso lui un colpa, dato che non sfiorasse talora il manierato (nella didascalica Submarine, conserva ed eseguita complesso a Robert Wyatt) quando non il altezzoso (il poemetto marmorino di Vokuro, il post-tango cinematico di Oceania, eletto appena canto delle Olimpiadi di Atene).

Segnali in parte confermati l’anno consecutivo da Drawing Restraint 9 (One Little Indian, luglio 2005, 6.0/10), aiuto sonora dell’omonima film di Barney. Va detto in quanto non e del tutto alterato considerarlo un sforzo di Bjork, cosicche sembro mettersi assolutamente per propensione della proposta ottica del compagno, cantando semplice mediante tre brani verso concentrarsi sulle austere possibilita dello Sho (attrezzo giapponese a tre note) e del pubblico No.

Sciamanesimo iperpop

Ulteriormente, durante materia, Bjork spari. Un dimenticanza eccezionale perche tutti sapevano cosicche significava progetto, conseguentemente fermata. Un pace spezzato dal abitudine serie di anticipazioni sul inesperto fumetto, entro cui un coppia clamorose: il proponimento avrebbe controllo coinvolti provare questi fuori con gli altri il superproduttore Timbaland – particolare esso di Missy Elliott, Nelly Furtado e Justin Timberlake – e l’efebico e perennemente con l’aggiunta di che e dappertutto Antony Hegarty. Segnali che facevano badare a una oscillazione fin abbondantemente contraria ossequio alle recenti derive avanguardiste, profilandosi modo espedienti ultra hype invece ovvi, attraverso non riportare oziosi. Ciononostante estranei nomi maniera i Konono N°1 – band percussiva congolese – e il percussionista avant-noise Chris Corsano – in passato al prodotto per mezzo di Paul Flaherty, Kim Gordon e Jim O’Rourke con gli estranei – spostavano l’ago della bascula incontro l’antico traccia bjorkiano, borderline fra prova e pop.

L’antipasto arrivo ad aprile 2007 col clip di Earth Intruders, destinato dal regista e stimolatore francese Michel Ocelot (quello di Kiriku). Una fre ico carrellata bidimensionale, tribalismo sospettoso e ipercromatico, il lineamenti di Bjork maniera una aidoru ad altissima decisione di genitrice indole: arpione una avvicendamento la musicista islandese coglieva nel praticello di margine fra underground e mainstream, con esiti stranianti e attualissimi.

Quanto alla musica, sembrava ristabilirsi alla compe razione etnico/tecnologica dei Talking Heads eniani, con un atteggiamento dance/wave giacche ammiccava mediante naturalezza alla “costola” pazzerellona Tom Tom ritrovo. Tuttavia invece l’idea di Byrne incarnava una integrazione armonia in fieri, quella rappresentata da Bjork suonava che in passato avvenuta, metabolizzata e durante definitva oltrepassata.

Un linguaggio inesperto perche il vocabolario sta proprio imparando.

Non in assenza di drammatici risvolti cosicche lei, da scattante lieve imperfezione sciamana iperpop, tento di esorcizzare. Non si tratto finalmente di un (scaltro e affranto) riconsegna alle fregole techno aperte verso insieme dei primi 90s. Sembrava semmai giacche con cambiamento (One Little Indian, 5 maggio 2007, 7.2/10) niente fosse passato invano. Bensi, insieme ricorreva vichianamente: implosioni ed esplosioni, Medulla e Debut, identificazione panica e fibrillazione espressiva, Homogenic e Post, fino all’intimismo pervadente e eccitante di Vespertine. Una riassunto affinche da estetica si faceva poetica, paventando un inganno di opposti di continuo oltre a drastico: la loquela tra compagnia e puro, il disaccordo cosicche diventa compe razione.

Se presente disco confermava la nobilta di Bjork, d’altro canto evo adesso onesto mezzo il parte di primo e diramazione di orientamenti e istanze estetiche non le appartenesse piu. Va detto nondimeno che non si trattava di un registro voluto: Bjork non ha in nessun caso rappresentato e cera prossimo affinche se stessa, la propria modello di sentimento mezzo “elevazione liberatoria”. Affinche ha avuto la circostanza e il acume di ultimare unito nel sede opportuno al periodo appropriato.

Cosmogonie, terapie, utopie

Le 74 date del avvicendamento Tour furono lo impegno viaggiante ancora energico dai tempi di Post, i tre anni successivi somigliarono a una specie di fermata di ragionamento. Le prime notizie arrivarono con modo insolita, ossia unitamente singolo split unione ai Dirty Projectors, il ciononostante autoprodotto Mount Wittenberg Orca del 2010, genere di suite lunga 21 minuti con cardine entro esotismi e ineffabili nostalgie pseudo-folk. Attraverso il lavoro posteriore fu ovvio eseguire ora un millesimo: Biophilia (One Little Indian, ottobre 2011) nasce pigiato, musicalmente parlando, alquanto dal concept – il tentativo di indicare una consonanza fra teorie cosmiche/biologiche e la norma musicale – quanto dalla colpo incontro l’aspetto multimediale.